Culti e miti Egiziani

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. LunaScarlatta
        -1   +1   -1
     
    .

    User deleted


    CULTI E MITI EGIZIANI

    hathor-e-maat


    LA RELIGIONE EGIZIA
    La religione egizia, caratterizzata da un gran numero di divinità, è costituita da un insieme di
    credenze di natura e origine diverse, formatesi indipendentemente attorno alle varie divinità
    locali e che nell'Antico Regno furono collegate tra loro per ragioni politiche e sociali. Alcune
    divinità vennero assimilate per affinità di natura, di forma o di attributi (sincretismo), altre mantennero
    una propria identità e il culto ufficiale lasciò ampio spazio al loro culto.
    Grazie a questa tolleranza, la religione egiziana, pur con alcune variazioni nell’arco della storia,
    rimase sostanzialmente uguale per oltre tre millenni e questa immutabilità nel tempo fu
    strettamente legata alla stabilità dello stato egiziano e al potere del re.
    La caratteristica più significativa della monarchia faraonica è stata infatti la sua incredibile
    durata, che andò (con alcuni episodi di destabilizzazione detti Periodi Intermedi) più o meno dal
    3100 fino al 500 a.C. quando la regalità faraonica fu sostituita prima dai re persiani e poi dai
    sovrani greci (i “faraoni tolemaici”) e dagli imperatori Romani. Questi sovrani comunque, lungi
    dall’imporre la propria religione, lasciarono agli Egiziani larga libertà di culto e costruirono
    templi simili a quelli del Nuovo regno, nei quali si fecero raffigurare sotto forma di faraoni.
    Infatti a parte i Persiani, che gli Egizi mal tollerarono perché non rispettavano le loro credenze,
    sia Greci che Romani riconobbero la specificità della monarchia faraonica e ne preservarono gli
    aspetti più peculiari, assorbendo addirittura quelli che potevano rafforzare l’autorità regale, e
    ottenendo in cambio pace interna e più facile amministrazione.
    Il potere dei faraoni si fondava su due caratteristiche apparentemente contraddittorie ma in realtà
    complementari: la stabilità e l’adattabilità. Il riferimento costante alle origini divine del re
    conduceva gli Egizi a concepire le istituzioni come realtà immutabili cui si doveva totale
    obbedienza. Dal canto suo il faraone si adattava generalmente agli avvenimenti della storia
    locale, cercando forme sempre nuove, destinate a consolidare le sue radici ma al tempo stesso ad
    eliminare possibili cause di malcontento.
    Il faraone era considerato diretto discendente e personificazione del dio sole Horo. Egli era
    signore assoluto perché dio in terra, ma proprio come un dio buono amministrava al meglio la
    terra d’Egitto, basandosi sulle regole di Maat, la dea della verità e della giustizia. Ogni sua
    decisione veniva quindi accettata dal popolo come incontestabile verità.
    La letteratura egiziana riporta molti insegnamenti di padri illustri ai figli per la loro carriera, con
    uno spiccato carattere sociale di invito ad adeguarsi alle esigenze di un ordinato vivere civile,
    cioè quello Stato divinizzato e identificato col re. Ma anche nella vita di tutti i giorni il volere
    del faraone era accolto come messaggio divino e accettato senza condizioni.
    Nel rappresentare l’immagine del faraone si può notare come venisse sempre enfatizzata la sua
    natura divina e allo stesso tempo il suo ruolo di giudice giusto.
    Per gli Egiziani la religione era continuamente presente ovunque: la natura, la società, la storia
    erano impregnati di divinità, o addirittura nella divinità si impersonavano.
    Il corpo sacerdotale rappresentava una specializzazione della funzione amministrativa dello stato
    egiziano. Di queste attività ci sono restate documentazioni scritte su diversi papiri: sono elenchi e
    verbali di consegne del materiale templare, modelli di chiarezza e precisione, con formule e
    tabelle che potrebbero essere usate anche oggi. I sacerdoti erano i “servi del dio” (la parola
    sacerdote significa proprio questo): leggevano i rituali, ma il vero tramite tra uomini e divinità
    era il sovrano, che agiva a pari livello con gli dèi.
    La magia rivestiva una certa importanza soprattutto nel campo della medicina. Medici e maghi
    agivano in concordia e si appoggiavano entrambi alla struttura organizzativa del tempio,
    aumentando ancora di più il potere dei sacerdoti. Le malattie erano identificate come “straniere”
    e venivano chiamate l’Asiatica, la Nubiana ecc.
    Numerosissimi erano gli amuleti; il più diffuso era l’occhio udjat, che copriva tutto lo spettro
    delle necessità umane. Ricordava infatti il mito dell'occhio di Horo cavato da Seth e poi restituito
    come “sano” (questo è il significato della parola egiziana) dal dio Thot, quindi era garanzia
    sicura di salvezza e guarigione.

    LA RELIGIONE NELLA STORIA

    Nel periodo preistorico i resti archeologici hanno messo in evidenza credenze funerarie
    abbastanza significative e che sembrano anticipare le concezioni dell’Egitto antico: esisteva un
    Aldilà ed esso era in rapporto con il viaggio notturno del dio solare:

    • il cadavere era raccolto nella posizione fetale come per farlo ritornare nel seno della Dea
    Madre e veniva sotterrato nel deserto dove si disseccava e si manteneva a lungo;
    • le scorte poste nella tomba denotavano fede in qualche forma di sopravvivenza;
    • l’orientamento della tomba secondo il percorso del sole probabilmente non era casuale.

    Antico Regno. La nostra prima esperienza diretta del mondo religioso egiziano è costituita dai
    cosiddetti Testi delle Piramidi, una raccolta di testi magico-religiosi (preghiere, formule e inni)
    scolpiti sulla pietra, destinati a garantire vita eterna al faraone defunto. Vi apparivano già
    numerose e varie divinità e la religione era chiaramente connessa con l’autorità del re.
    Medio Regno. Tra il 2000 e il 1.800 circa a.C. si trovano i Testi dei Sarcofagi. Non erano
    scolpiti ma tracciati col calamo sulle pareti della cassa funebre in rapide forme corsive. Vi si
    trovavano anche formule del Testi delle Piramidi, ma non più esclusive del faraone. Osiride
    infatti s’impersonava in tutti i defunti che giungevano nell’Aldilà dopo il giudizio morale che ne
    assicurava la sopravvivenza.
    Nuovo Regno. Quando, dopo il II Periodo Intermedio, verso il 1570 i faraoni tebani
    riconquistarono tutta la Valle del Nilo e riportarono la capitale da Menfi a Tebe, essi ripresero la
    loro funzione di sommo sacerdote, che avevano tradizionalmente posseduto come prìncipi della
    città. Al tempio di Amon (il principale dio solare) venne assegnata un funzione centrale e al suo
    dio, garante dei destini imperiali, una posizione di supremazia.
    S’innovarono le abitudine e le credenze funerarie. Il re non era più sepolto in vistosi monumenti
    funerari, ma nel cuore della montagna occidentale, a imitazione del percorso del sole dopo al
    tramonto.
    Anche nelle sepolture private si diffuse un tipo di tomba con una parte sotterranea contenente le
    offerte per la vita futura del morto (alimentari ormai in minima parte, perlopiù vesti e gioielli,
    vasellame e mobilia), mentre in superficie vi era la parte pubblica e vi si praticava il culto
    dell'offerta. È di questo periodo il Libro dei Morti, di cui parleremo più avanti.
    La rivoluzione religiosa di Akhenaton.
    Attorno al 1400 a.C. Amenofi IV, appartenente a una casata che aveva celebrato Amon come suo
    dio personale, mise in atto una riforma religiosa, o meglio una rivoluzione. Come unico dio
    doveva essere adorato Aton e tutte le altre divinità non erano più tollerate. Il plurale della parola
    “dio” fu bandito dalla scrittura e cancellato dai testi con metodico accanimento; e lo stesso
    avvenne per il nome del dio nazionale Amon-Ra.
    Il re, il cui nome Amenofi (Amenhotep = Amon è soddisfatto) conteneva il nome del dio
    detestato, si fece chiamare Akhenaton = lo spirito di Aton. Presto il nuovo culto richiese la
    costruzione di un nuovo grande tempio e addirittura la fondazione di una nuova città, l’Orizzonte
    di Aton (Akhetaton), l'odierna Tell el Amarna in Medio Egitto.
    Il dio era raffigurato come un disco da cui partivano molteplici raggi che terminavano in piccole
    mani, a rappresentare la sua attività creatrice continua. Ma questa figura appariva solo sopra
    quella del re, a significare che senza la presenza di questo perdeva efficacia. Il sovrano era così
    la sola autorità del mondo, in cui rappresentava l’Aton.
    Era un’esperienza totalmente nuova per l’Egitto, abituato alla convivenza di numerose divinità a
    volte addirittura in antitesi tra loro, ma sempre tutte tollerate allo stesso modo. E questa nuova
    religione rimase confinata nella corte reale, senza toccare nel profondo la società. Perfino ad
    Akhetaton gli operai e la gente comune continuavano a pregare Amon; per non parlare dei
    dignitari esautorati e dei militari, ma soprattutto dei sacerdoti dei templi che avevano perso
    potere e ricchezze. Furono loro i principali oppositori della riforma religiosa, che terminò con la
    morte di Akhenaton stesso. Il suo successore Tutankhamon, ancora bambino, fu riportato
    qualche anno dopo a Tebe dal grande sacerdote Eye, che ripristinò la potenza del tempio di
    Amon. Qualche anno più tardi il giovane faraone morì improvvisamente (e misteriosamente),
    Eye costrinse la sua vedova a sposarlo e divenne faraone egli stesso. Ma anche lui per pochi
    anni, perché la crisi religiosa aveva destabilizzato il potere centrale e resi insicuri i confini, e i
    militari finirono per prendere in mano la situazione, dando origine alla XIX dinastia, quella dei
    Ramessidi.
    Nell’età ramesside la divinità del faraone non era più sottintesa in formule un po’ ermetiche ma
    clamorosamente conclamata: Ramses II costruì una serie di statue colossali che lo raffiguravano
    come un nuovo re-dio calato nel mondo, un re che faceva miracoli e chiamava l'acqua nei pozzi
    del deserto. Nei templi cominciarono ad essere collocati come sacerdoti i militari in pensione,
    strettamente legati al re. Tra i civili fiorirono culti nuovi fra le pareti domestiche, di cui abbiamo
    trovato testimonianza nella necropoli di Deir el Medina. Ne parleremo in seguito a proposito
    delle “divinità della casa”.

    LA RELIGIONE E L’ARTE
    La concezione dell'arte figurativa nell'antico Egitto si discostava dall'accezione moderna in
    quanto i princìpi che la governavano erano di natura rituale e non estetica. Il repertorio classico
    delle scene ambientate nel mondo divino e nell'aldilà aveva come protagonisti il re, le divinità e
    il defunto e metteva sempre in evidenza la natura divina del faraone.

    GLI DÈI DELL’EGITTO
    Il Pantheon egiziano comprende circa 1.500 divinità, che possiamo suddividere a grandi linee in:
    dèi della creazione e della natura, dèi dell’aldilà e divinità minori (piante, animali, località
    geografiche e protettori della casa).
    Gli dèi appaiono quali sono concepiti o desiderati dagli uomini comuni: sono grandi, illustri,
    possenti, vigorosi, ma anche benevoli, amabili, protettori, “sanno se una persona è affamata o
    sazia nella sua casa, anche se le sue pareti la nascondono”.
    Infine non dimentichiamo che i faraoni stessi sono considerati divinità. È Horo il dio che siede
    sul trono dell’Egitto in incarnazioni successive, e la natura divina del sovrano lo separa dal resto
    dell’umanità e insieme lo pone come legittimo intermediario fra il mondo degli uomini e quello
    degli dèi.

    GLI DÈI DELLA CREAZIONE E DELLA NATURA
    Costituiscono l’Enneade, composta da nove divinità (tre volte tre, cioè il plurale dei plurali) che
    sono all’origine di tutti gli altri. Un elemento costante nella visione egiziana del mondo e della
    società è la complementarità tra parte maschile e femminile, indissolubili e con lo stesso valore.
    Questo era valido sulla terra, nel mondo dei vivi, dove la donna aveva un posto nella società pari
    a quello dell’uomo, ma anche in cielo, nel pantheon degli dèi. Questo concetto trova conferma
    nell'analisi delle divinità legate al principio della creazione, tutte a coppie tranne il primo
    creatore Aton-Ra, che “si genera da se stesso”, come è riportato nel capitolo 17 del Libro dei
    Morti.
    Aton-Ra è il creatore per eccellenza, emerso dalla massa liquida primordiale Nun.
    Suoi figli sono Shu (dio dell'aria) e la sua sorella-sposa Tefnut, dea dell’umidità, che a loro
    volta generano Geb, dio della terra, e la sua sposa-sorella Nut, dea del cielo.
    Geb e Nut generano quattro figli: Osiride, Iside, Seth e Nefti, protagonisti del principale mito
    egiziano, quello osiriaco (v. pag. 12).
    Osiride è il dio-sole re dell'Egitto, sposo-fratello di Iside. Il loro figlio Horo regna sull’Egitto
    dopo la morte del padre e i faraoni sono considerati suoi discendenti.
    Seth, sposo-fratello di Nefti, è il dio della siccità e del cattivo tempo, in senso lato potenza
    distruttrice, secondo la leggenda uccisore di suo fratello Osiride. Ma anche questo dio del male
    ha una valenza positiva: la forza fisica e quindi il valore in guerra. Per questo alcuni faraoni
    ramessidi, stirpe guerriera, presero il nome di Sethi: il più famoso è Sethi I, padre di Ramses II.

    Il dio solare era anche rappresentato come Kheper (scarabeo) sole del mattino, come Ra-Aton
    sole calante, e come Harakhte, Horo all'orizzonte, forse figlio di Amon e Hathor.
    Nel capitolo 17 del Libro dei Morti Aton proclama: “Io sono il dio grande che si generò da se
    stesso, sono ieri e conosco il domani: ieri è Osiri, il domani è Ra, mentre Horo governa”. In
    questa frase è sottolineata la complementarietà delle varie divinità solari: Aton, Osiride, Ra e
    Horo rappresentano tutti il dio solare. Una divinità può essere riconosciuta in un’altra, e gli
    incroci e le possibili identificazioni sono così numerosi che si può dire che, partendo da una
    figura divina, si può arrivare a qualsiasi altra.
    A Tebe il dio del sole era Amon (con la sposa Mut e il figlio Khonsu costituisce la “triade
    tebana”), che unito a Ra diventa Amon-Ra, il dio più venerato e potente d’Egitto.
    Anche Ptah era identificabile con Osiride. Era adorato a Menfi, insieme alla sua sposa Sekhmet
    e al figlio Nefertum.
    Ad Elefantina, invece (l’odierna Assuan) il dio creatore era Khnum dalla testa d’ariete,
    accompagnato dalle dee Satis e Anukis.
    Un esempio di diverse divinità sovrapponibili è il dipinto della tomba di Nefertari dove
    troviamo Iside e Nefti che affiancano Ra-Osiride-Khnum: Ra è il disco solare, l’ariete è Khnum,
    il colorito verde è quello di Osiride. Il testo dice: “Ecco Ra quando riposa in Osiride, ecco
    Osiride quando riposa in Ra.

    ANIMALI E PIANTE
    Oltre agli dèi con testa di animale (Thot ibis o babbuino, Anubi cane, Horo falco e così via),
    molti altri animali erano sacri e variavano secondo le regioni.
    Il toro Api rappresentava la potenza del faraone (uno dei 5 nomi del re è “toro possente”), era
    adorato fin dal periodo predinastico e viveva all'interno del tempio custodito dai sacerdoti.
    Erodoto riporta che Api poteva essere solo nero con una macchia triangolare sulla fronte. Veniva
    adorato un solo toro sacro alla volta e quando l'animale moriva veniva imbalsamato e seppellito
    con una cerimonia solenne nel Serapeo. Api, morendo, diveniva un Osiride, cioè Osiris-Apis in
    seguito chiamato Serapis e adorato anche da Greci e Romani.
    Anche i gatti domestici spesso venivano mummificati e sepolti con tanto di funerale: avevano un
    posto di riguardo nelle famiglie perché i topi erano il grande pericolo dei granai, la maggiore
    ricchezza di molte famiglie. Sono state trovate numerose mummie di gatto, spesso con una
    ciotola per il latte che ne assicurava la sopravvivenza nell'aldilà, insieme a topi e piccoli animali
    mummificati. La dea gatta Bastet era simbolo di fertilità e la chiaroveggenza, mentre la dea
    leonessa Sekhmet rappresentava la potenza e la preveggenza in guerra e veniva interrogata dai
    sacerdoti per conoscere i piani del nemico. A Bastet era dedicato il tempio di Bubasti presso
    Tebe.
    Il re persiano Cambise, figlio di Ciro il Grande, nel 525 conquistò l’Egitto sconfiggendo
    Psammetico III a Pelusio presso Menfi. Secondo la leggenda, gli Egiziani ripiegati a Menfi
    opponevano una strenua resistenza all’assedio. Allora, conoscendo la venerazione dei nemici per
    i gatti, i Persiani legarono gli animali sui loro scudi così che gli Egizi non osarono tirare le lance
    e le frecce per timore di colpire i gatti, e Cambise riportò la vittoria, dando inizio alla XVII
    Dinastia. È comunque accertato (e riportato da Erodoto) che gli Egiziani considerarono i
    dominatori persiani come profanatori e si opposero a Cambise in tutti i modi.
    Molto venerata era anche la dea ippopotamo Taueret, dea della fertilità e protettrice della
    gravidanza e del parto, considerata una forma di Hathor.
    Secondo un’interpretazione del mito osiriaco, Taueret era la concubina di Seth, ma quando
    quest’ultimo uccise Osiride lo abbandonò per proteggere Iside durante il parto. In seguito si
    occupò amorevolmente del piccolo Horo, con l’aiuto del nano Bes suo nuovo sposo.
    Apophis era il dio-serpente avversario di Ra e si riteneva esistesse nel caos primordiale prima
    della creazione. A destra: il “grande gatto di Ra che abita a Eliopoli” uccide il serpente Apophis
    avvinghiato intorno alla dea-sicomoro.
    Gengen-ùer è il nome della dea-oca (gengen = verso dell’oca, uer = grande), antica divinità
    forse della creazione, dove le uova rappresentano il creato. Secondo alcuni testi era la
    raffigurazione della voce di Amon creatore. Proprio a causa di questa associazione oca-dio
    Amon, Akhenaton fece distruggere le immagini delle oche dipinte nella “sala botanica” del
    tempio di Tuthmosi III a Karnak, dove sono raffigurate numerose specie di volatili.
    Anche molte piante erano adorate come divinità, soprattutto nelle regioni più aride dove le piante
    erano più preziose: un esempio è la de-sicomoro.

    DIVINITÀ DELLA CASA
    Conosciamo bene gli dèi venerati fra le pareti domestiche grazie alle testimonianze degli abitanti
    di Deir el Medina: scultori, pittori, scribi e servi preposti alla costruzione delle tombe reali, che
    ci hanno lasciato una ricca documentazione.
    Sono per lo più divinità protettrici e apotropaiche, come Bes, nano grottesco protettore della casa
    e dei bambini e anche del sonno: infatti lo si trovava spesso raffigurato sui letti per impedire ai
    geni del male di apparire in sogno. Era rappresentato come una nano barbuto dalla lingua
    penzolante, le gambe storte ed una lunga coda, perché doveva spaventare e mettere in fuga le
    presenze maligne della casa.
    Ma c’erano anche divinità locali, come la coppia regale di Amenofi I e di sua madre Ahmose
    Nefertari che avevano inaugurato la necropoli regale tebana e quindi erano divenuti i patroni dei
    suoi operai, oppure Imhotep, l’architetto del faraone Gioser (inizio Antico Regno) diventato
    patrono degli scribi. Erano venerati anche Sokar patrono della metallurgia e dei fabbri, Upuaut
    l’apritore di strade, Seshat dea del destino e molti altri.
    A queste divinità ci si poteva rivolgere perché risolvessero i problemi o addirittura le liti
    giudiziarie e la comunità poteva sentirli come specificamente suoi. Era un modo di sottrarsi
    all’amministrazione ufficiale della giustizia di cui non ci si fidava troppo, ma anche un modo di
    inserire il divino nel quotidiano.

    GLI DÈI DELLE LOCALITÀ GEOGRAFICHE
    Anche le città, le province, il Nilo e le oasi erano rappresentati da divinità.
    Sono giunte a noi dall’Antico Regno alcune statue del faraone Menkhaura (Micerino), le
    cosiddette “Triadi di Micerino”, dove compare affiancato dalla dea Hathor e da un’altra divinità
    che rappresenta un nômos cioè una provincia. Le province dell’Egitto erano 42 e spesso le loro
    divinità risalivano addirittura al periodo predinastico.
    Un esempio di dea-città è la dea Qadesh, di cui abbiamo una raffigurazione in piedi sul suo
    animale sacro, il leone. La città di Tebe era invece la dea Uaset, rappresentata con in testa lo
    scettro uas che significa potenza, e armata per simboleggiare il potere militare dei faraoni tebani.
    Il dio Hapi rappresentava il Nilo, dio dell’abbondanza e del raccolto, raffigurato coperto di pesci
    e di piante acquatiche.

    GLI DÈI DELL’ALDILÀ
    Poiché per gli Egiziani la vita nell’aldilà aveva più importanza di quella terrena, gli dèi del Duat,
    cioè del Regno dei Morti, erano numerosissimi. Oltre a tutti gli dèi principali che presenziavano
    al giudizio del defunto, c’erano 42 divinità che stavano a rappresentare altrettanti peccati che il
    defunto doveva negare di aver compiuto, numerosi geni che stavano a custodire le porte e i
    cancelli dell’Uad e altri ancora.
    Il dio principale era Osiride, sovrano del Regno dei Morti e garante della loro sopravvivenza.
    Sua moglie Iside era spesso accompagnata da altre divinità femminili: Selket dea scorpione,
    Neith dalla testa di serpente o Hathor dalle corna di vacca. Queste dee sono entità diverse ma
    tutte s’identificano nella figura della dea-madre e quindi con Iside stessa.
    Il figlio di Osiride e Iside, Horo, appariva in varie forme. Come simbolo dell’amor filale - infatti
    era il figlio maggiore a celebrare il rito dei defunti - era rappresentato nelle due forme gemelle
    Horo Iun-Mutef (protettore di sua madre) e Horo Neg-Itef (protettore di suo padre) ambedue
    vestite con pelle di leopardo sacerdotale. Horo-em-nekhu era la personificazione di Horo
    fanciullo, e infine Horo-Harsiese, il dio adulto, con testa di falco e doppia corona del regno
    d’Egitto, simboleggiava la sua identificazione con il faraone.
    Anubi era il dio a cui veniva attribuita l'invenzione della tecnica della mummificazione. Fino
    alla fine della V dinastia era proprio lui e non Osiride a presiedere al culto funerario. Secondo il
    mito osiriaco era figlio illegittimo di Osiride e sua sorella Nefti.
    Maat, simbolo della verità e della giustizia, era figlia di Ra e sorella di Thot. Con lui assisteva al
    giudizio del defunto, impugnando la croce ankh simbolo della vita e portando sulla testa la
    piuma bianca della verità.
    Thot, venerato sotto forma di babbuino o ibis, era il dio della scienza, della scrittura, delle arti
    magiche e delle fasi lunari. Assisteva alla pesatura del cuore del defunto e scriveva il risultato.
    Altre importanti divinità funebri erano i quattro figli di Horo, generalmente rappresentati anche
    sui vaso canopi contenenti i visceri del defunto: Duamutef dalla testa di sciacallo, Quebesenuf
    dalla testa di falco, Hapy dalla testa di babbuino e Imset dalla testa umana.
    Le credenze funerarie
    Nella concezione egizia l’uomo non era una realtà semplice, ma un insieme di varie nature. Oltre
    al corpo aveva anche un ka (una sorta di suo “doppio”, che viveva con lui e dopo di lui, che ne
    provava i sentimenti), un ba (traducibile come “anima”, raffigurato come un uccello a testa
    umana, aspetto con cui il morto poteva lasciare il sepolcro e frequentare il mondo dei vivi), un
    akh (“spirito”, il morto divenuto di natura celeste), un ib (“cuore”, sede della memoria e della
    coscienza), un ren (“nome”: ricordiamo l’importanza del nome che veniva reso immortale
    mettendolo dentro l’anello protettivo shenu). La morte sopraggiungeva quando il ka si separava
    dal ba, ossia quando l’anima abbandonava il corpo. Sono concetti che non corrispondono ai
    nostri e quindi non possono essere tradotti con precisione.
    Nel rito funebre la prima operazione era la mummificazione del cadavere nella “casa della vita”.
    Da lì poi partiva la processione con il sarcofago, i congiunti e il corredo funebre del defunto e
    proseguiva lungo il Nilo, fonte e vita dell'Egitto. Alla necropoli c’era la cerimonia dell’apertura
    degli occhi e della bocca della mummia per permettere al ba del morto di vedere e parlare
    nell’aldilà. Il sarcofago con il corredo e il libro dei Morti veniva calato nella tomba e ogni cosa
    veniva sigillata. Dopo il giudizio il defunto saliva al cielo come membro dell’equipaggio della
    barca del Sole e diveniva “l’Osiride Tale”.
    Sotto questa veste aveva libero accesso a un mondo favoloso, dove lavorare la terra dava risultati
    incredibilmente ricchi (senza fatica perché il lavoro pesante era svolto dagli ushabti, le statuine
    che rappresentavano i servitori del defunto), e da cui si poteva uscire sotto forma di uccello-ba
    per visitare il mondo dei vivi.
    La famiglia restava unita a colui che viaggiava sulla barca del Sole con le preghiere e le offerte:
    le preghiere rappresentano il colloquio tra il ka del vivente ed il ka del morto, così come il
    rimpianto e le manifestazioni d'affetto sono il colloquio tra il ba del vivente ed il ba del morto.

    Il Libro dei Morti
    Era l'erede dei Testi delle Piramidi e dei Testi dei Sarcofagi, una raccolta di testi svariati per
    natura e per età scritti su papiro (in alcune tombe regali dipinti sulle pareti) e deposti nella tomba
    per fornire al defunto le formule da pronunciare durante il rito funerario e il viaggio nell'aldilà.
    Il numero dei capitoli del Libro sepolti con il defunto variava secondo il denaro che egli
    possedeva e i testi più semplici venivano fatti in serie lasciando uno spazio bianco per scrivere il
    nome del morto. L’appellativo Libro dei Morti è stato coniato nel 1842 da Kark Richard Lepsius,
    l’egittologo prussiano che interpretò per primo il formulario diviso in 165 capitoli trovato su una
    serie di papiri ora conservati nel Museo Egizio di Torino.
    Il nome egiziano era REU NU PERT EM HRU, letteralmente Capitoli per il giorno futuro. Sono
    giunte a noi diverse “edizioni” del Libro dei Morti, una lunga addirittura 190 capitoli, tutte
    comunque abbastanza simili.
    La prima parte (capitoli 1-16) contiene le formule per arrivare al regno dei morti, per entrare e
    uscire dalla tomba e per trasferire sugli ushabti i lavori da svolgere nell’aldilà.
    Nella seconda parte (capitoli 17-63) troviamo le formule che il defunto pronunciava per riavere
    la parola e tutte le altre funzioni necessarie per contrastare le difficoltà. Nel capitolo 30 c’è un
    appello al proprio cuore, scritto anche sugli scarabei posti sulla mummia al posto del cuore
    stesso: “O mio cuore della mia madre! Non testimoniare contro di me, non accusarmi nel
    tribunale, non volgerti contro di me al cospetto degli Addetti alla Bilancia”.
    La terza parte (capitoli 64 - 129) riguarda il giudizio e la pesatura del cuore fatta da Anubi
    davanti ad Osiride e Maat (che fornisce la piuma da mettere sull’altro piatto della bilancia),
    mentre Thot con la testa di ibis registra il risultato e il mostro Amemet (con corpo di ippopotamo, criniera di leone e testa di coccodrillo) aspetta. Lo spirito del defunto elenca i
    peccati negando davanti ai 42 dèi-giudici (uno per ogni peccato) di averli commessi e il processo
    culmina con la “giustificazione”.
    La quarta parte (capitoli 130 - 162) riguarda il viaggio del defunto nel mondo sotterraneo.
    Fornisce le formule per avere sempre il cibo, per essere traghettati sulla barca di Ra e per passare
    attraverso le sette porte e i ventuno cancelli senza essere fermati dai geni custodi (tre per ogni
    porta e uno per ogni cancello) armati di pugnali.
    Gli ultimi capitoli sono dedicati alle formule e agli amuleti necessari per ottenere la protezione
    del defunto.

    I MITI
    I miti, così importanti nella storia della religione egiziana, ci sono giunti in modo frammentario,
    ma li conosciamo per intero grazie alla documentazione greca di Plutarco, che nel “De Osiris et
    Isis” ha raccolto le testimonianze dei sacerdoti egizi in un insieme armonico e completo.

    IL MITO DELL’ORIGINE O COSMOGONIA
    Come abbiamo visto il capostipite è Aton-Ra che dà origine alla prima coppia di dèi, i gemelli
    Shu (dio dell'aria) e Tefnut (dea dell'umidità) che a loro volta generano il dio Geb (la terra) e la
    dea Nut (il cielo). Dice il mito che Geb e Nut, innamorati, se ne stavano tutto il tempo
    abbracciati, impedendo alla vita di germogliare. Aton-Ra allora comandò a Shu di separarli. Nut
    è sempre rappresentata inarcata e con le mani ed i piedi attaccati a Geb.
    Geb e Nut ebbero a loro volta quattro figli che si unirono in coppie: Osiride e Iside, Seth e Nefti.

    IL MITO DI OSIRIDE
    Osiride regnava sulla terra ed era molto amato dagli uomini, ai quali aveva insegnato a cacciare,
    pescare, vivere in villaggi, coltivare la terra. Aveva anche detto loro che dopo la morte avrebbero
    avuto una vita eterna nell’aldilà se si fossero comportati bene e aveva mostrato loro la differenza
    tra Bene e Male
    Seth era invidioso della popolarità di Osiride. Lo invitò a banchetto e organizzò un gioco. Tirò
    fuori un baule tutto ornato d'oro, con le misure corporee del fratello, dicendo che sarebbe
    appartenuto a chiunque fosse riuscito ad entrarci perfettamente. Gli invitati provarono invano a
    entrare nella cassa, ma quando toccò a Osiride tutti notarono che vi entrava a meraviglia e subito
    sette complici di Seth si avventarono sul baule, lo sigillarono con il dio vivo al suo interno e lo
    gettarono nelle acque del Nilo. Il cofano raggiunse le spiagge di Biblo e approdò accanto ad una
    tamerice, che crebbe intorno a lui per nasconderlo. Intanto Iside, venuta a sapere dell'accaduto,
    raggiunse Biblo e si mise a cercarlo.
    Nel frattempo il faraone aveva fatto costruire con la tamerice una grande colonna. Iside la
    richiese al re, ne trasse lo scrigno e, avvolta la colonna di legno in bende profumate, la lasciò al
    re e al suo popolo come suo ricordo. Sulla via del ritorno aprì lo scrigno e tentò invano di
    richiamare in vita lo sposo. Allora nascose la cassa presso Buto tra le paludi del Delta. Ma Seth
    andando a caccia lo trovò e tagliò il corpo del fratello in 14 pezzi che sparpagliò per tutto
    l'Egitto.
    Iside, saputolo, ricominciò la ricerca e riuscì a ricomporre il corpo con l'aiuto di Nefti, e chiese a
    Thot di resuscitarlo almeno per un giorno, per poter avere un figlio da lui.
    Thot l’accontentò, ma poi Osiride scese definitivamente nel Duat, il Regno dei Morti, di cui
    divenne il signore. Anubi creò la prima mummia imbalsamando il suo corpo.
    Horo, il figlio postumo di Osiride, una volta cresciuto partì alla ricerca di Seth, per scacciare dal
    trono lo zio usurpatore e “vendicare” il padre (così dicono i Greci, ma il verbo egiziano è
    “curare”, perché Horo deve assumere quelle funzioni che toccano al figlio primogenito rispetto
    al padre morto).
    La battaglia durò tre giorni e tre notti: Horo mutilò Seth, ma questo si trasformò in un enorme
    maiale nero e ingoiò l'occhio sinistro di Horo. Alla fine Seth stava per soccombere, quando Iside
    implorò il figlio di risparmiarlo per la sorella Nefti. Horo, irato, tagliò la testa alla madre, ma
    Thot la guarì ponendole una testa di mucca (così è rappresentata anche la dea Hathor, dea-madre
    che risale addirittura alla preistoria).
    Lo scontro non ebbe né vincitori né vinti: Thot guarì Seth a patto che restituisse l'occhio ad
    Horo. L’occhio di Horo è stato uno degli amuleti più usati dagli Egiziani. Era chiamato udjat,
    cioè “sano”. Infatti essendo stato guarito dal dio Thot, era simbolo di guarigione.
    Secondo un’altra leggenda Ra trasformò l’occhio di Horo in cobra e se lo pose sulla fronte:
    l'Occhio divenne così l’Ureo, che fulminava i nemici del dio. I faraoni lo indossavano
    abitualmente insieme alle varie corone come simbolo di regalità e divinità insieme.

    LA RIBELLIONE DEGLI UOMINI
    Anche in Egitto, come in altre parti del mondo, esiste il mito della ribellione degli uomini contro
    gli Dèi.
    La leggenda narra che il dio creatore Aton-Ra, molto amareggiato per come gli uomini si
    comportavano e deluso della sua più grande creazione, decise di inviare sulla terra il suo
    immenso calore sotto forma di leonessa. Questa, la dea Sekhmet, rappresentava infatti la potenza
    distruttrice del sole, il calore mortale.
    La dea leonessa divorò in una notte parte dell'umanità e poi si addormentò. Aton-Ra a quel punto
    pensò che l'umanità fosse stata punita a sufficienza e perciò versò nel Nilo una birra che rese
    l’acqua di un colore simile al sangue. Sekhmet al risveglio la bevve e divenne la mite dea gatta
    Bastet. Il resto dell'umanità fu quindi salvo.






    Associazione Culturale AMICI DEL MUSEO
    Museo Civico “Ercole Nardi” di Poggio Mirteto
    Cristina Flores d’Arcais
    Gli dei, i culti e i miti egiziani
    La religione nella società egizia



     
    Top
    .
  2. Freya Kosmetik
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Complimenti per questa dettagliata ricerca che hai fatto, da qualche mese mi sto avvicinando alla riscoperta del Pantheon Egizio ed alla figura soprattutto di Iside, la trovo molto completa come figura archetipica! Grazie per tutte queste info! :lol:

    Dario
     
    Top
    .
1 replies since 22/10/2012, 00:33   1055 views
  Share  
.